Gli abstract degli interventi

Versione stampabileSend by emailPDF version

 

GIOVANNI ABBATE DAGA
Università di Torino

L’alimentazione: dalla fisiologia all’inconscio

L’alimentazione è la quintessenza del comportamento bio-psico-sociale: molteplici fattori a differenti livelli appartenenti a differenti sistemi motivazionali concorrono a determinarla. Lo studio dell’alimentazione richiede pertanto una pluralità di punti di vista che siano atti a connettersi tra loro e concorrano alla produzione delle conoscenze, percorrendo lo scivoloso crinale tra l’integrazione dei modelli interpretativi e le contraddizioni degli stessi. Inoltre le rapide trasformazioni socio-culturali degli ultimi cinquant’anni hanno contribuito al fatto che il rapporto con il cibo abbia assunto specifiche forme patologiche, dall’estrema appetizione al rifiuto irremovibile, che nelle culture precedenti erano rare e non strutturate. Per tali motivi la psichiatria come “scienza di confine” e scienza medica della cura si presta particolarmente allo studio dell’alimentazione dell’essere umano, dialogando con altri approcci culturali e scientifici.
La presente relazione rivedrà succintamente alcuni fattori cardine alla base della nutrizione. In un percorso che dalla fisiologia cerebrale conduce al funzionamento mentale verranno discussi il ruolo dei sistemi biologici di ricompensa, il significato relazionale dell’alimentazione, il simbolo inconscio che il cibo fantasmaticamente può assumere per l’individuo. Data la vastità del tema e la necessità dei tempi congressuali, si esporranno solo alcune delle recenti ricerche, procedendo per esempi e per immagini guida. Alcune metafore immaginate dalla letteratura saranno utili ponti per un simposio condiviso tra umanesimo e scienza.


CAROLA BARBERO
Università di Torino

ll cibo: una sfida per l'estetica

Secondo una nota tesi filosofica difesa, tra gli altri, da G. W. F. Hegel, il fatto che il cibo sia consumato elimina la possibilità che possa essere considerato un vero e proprio oggetto d’arte. L’idea che sta dietro questa tesi è che l’arte debba durare nel tempo, una caratteristica che evidentemente manca nel caso del cibo che consumiamo. Secondo un’altra altrettanto famosa tesi difesa da I. Kant e condivisa da molti filosofi, quando giudichiamo un oggetto d’arte è indispensabile non avere alcun tipo di interesse nei suoi confronti, dal momento che l’apprezzamento estetico dev’essere caratterizzato da un piacere disinteressato. Per poter includere il cibo tra gli oggetti d’arte occorre quindi, da un lato, essere capaci di mettere in discussione entrambe queste tesi, e, dall’altro, riuscire a spiegare come il cibo possa persistere al di là del consumo e come il nostro atteggiamento nei suoi confronti possa essere disinteressato nonostante la nostra naturale attrazione nei suoi confronti. Non è una sfida semplice per l’estetica, ma è senz’altro ricca di interessanti risvolti (che, se approfonditi, possono gettare luce ben al di là del cibo). 


MAEVA BARRIÈRE
Université de Toulouse

L’aliment humaniste comme chair d’une œuvre d’art

Acteur sensible d’une renaissance, l’aliment opère comme poésie d’un monde à savourer : Tendresse d’une Madone à la grenade chez Botticelli,  Amour d’un bœuf carotte en gelée chez Proust, Onctuosité de la couleur rose ou l’expérience du sucre chez Sartre, Parfum d’une correspondance exotique de la brume aux épices chez Rollinger et Ellena, comment l’aliment ouvre l’imaginaire des chairs esthétiques ? Nous axerons les propos dans le champ de l’art contemporain, en référence aux performances culinaires et installations comestibles, afin de comprendre l’acte premier, celui de nourrir le corps.  De la gourmandise animale de l’artiste à celle du récepteur, comment s’installent les relations intrinsèques de l’aliment à l’œuvre d’art ? Au-delà d’un art interactif, Nicolas Bourriaud nous démontre combien la sphère des relations humaines, au même titre que l’exercice de la consommation de l’œuvre dans les années soixante, reconfigure les pratiques artistiques, insistant sur la production de formes originelles. Dans l’art relationnel, l’accent est prononcé sur «l’expérience de la relation sociale», qui peut ou non se matérialiser en objet d’art, quand ils sont considérés comme des «restes» au sens de Jacques Derrida, des instants de rencontre. On accède donc à un déplacement du dispositif de visibilité. Le regard n’est plus frontal, dans une relation de contemplation, mais l’œuvre maître de la situation engloutie littéralement les pas de l’homme.


MASSIMO BONIFAZIO
Università di Torino

Riflessioni sul cibo nella letteratura tedesca del Novecento

Fra Kulinaristik, Gastrosophie ed ecocritica la cultura tedesca degli ultimi decenni ha cercato nuove vie di approccio al cibo, a un tempo interdisciplinari e interculturali, intese a mostrarne il carattere di «fenomeno sociale totale», per dirla con Marcel Mauss. L’intervento intende dare conto delle (relativamente poche) tracce di questo sforzo che è possibile riscontrare nella letteratura tedesca, a partire almeno dal Rombo di Günter Grass (1977), e di altre vie che la letteratura ha imboccato nel XX secolo per parlare di convivialità (Dürrenmatt, Il giudice e il suo boia; Bachmann, Il caso Franza; Grass, Il tamburo di latta).


SIMONE CINOTTO
Università di Scienze Gastronomiche

Il gusto italiano alla conquista dell’America: viaggi transatlantici e rappresentazioni di classe della cucina italiana tra Italia e Stati Uniti

A partire dagli anni Settanta del Novecento la cucina italiana è diventata molto popolare negli Stati Uniti, rivedendo e criticando le tradizioni culinarie inventate dagli immigrati di inizio secolo e aprendo la via al successo del vino italiano e delle esportazioni alimentari, alla diffusione di nuove stili di vita e culture culinarie e, infine, delle idee politiche del consumo sviluppate da Slow Food. L'influenza della cucina italiana in America va considerata un capitolo importante nella ricchissima storia di commercio, relazioni culturali e influenza reciproca che hanno legato il nostro paese agli Stati Uniti lungo tutto il Ventesimo secolo e oltre.


LUCA COCOLIN
Università di Torino

L’approccio al cibo da parte del consumatore nell’ultimo secolo: da elemento di sussistenza a medicina

Il modo con cui il consumatore si approccia al cibo è profondamente cambiato negli ultimi quarant’anni, periodo che ha visto lo sviluppo di una nuova disciplina scientifica nell’ambito delle Scienze Agrarie, da prima definite Scienze delle Preparazioni Alimentari e poi Scienze e Tecnologie Alimentari.
In seguito alla nascita delle tecnologie alimentari e alla produzione di sapere relativo alla preparazione e consumo degli alimenti, si sono create le basi per un cambio di approccio al cibo da parte del consumatore. Se prima il cibo voleva dire sussistenza, negli ultimi decenni ha assunto significati sempre di più diversificati e specifici di contesti sociali e culturali. Mentre l’aspetto di sicurezza igienico-sanitaria di un alimento è oramai diventato un prerequisito, ribadito nella moderna legislazione alimentare anche in ragione dei diversi scandali alimentari, altri attributi di qualità hanno assunto importanze diverse nel corso degli anni. Gli anni ’90 sono stati caratterizzati dai cosiddetti convenience foods, cioè cibi preparati e pronti ad essere cotti (ready-to-cook) o mangiati (ready-to-eat), mentre all’inizio del nuovo millennio hanno trovato un forte sviluppo gli alimenti funzionali, cioè arricchiti in nutrienti (vitamine e fibre, per esempio) o privati di componenti dannosi per la salute umana (grassi e colesterolo) che hanno portato allo sviluppo di un gruppo di alimenti definiti light.
In questo contributo verranno ripercorse le tappe fondamentali che hanno caratterizzato il cambio di approccio al cibo da parte del consumatore, fino ad arrivare al giorno d’oggi in cui il detto di Ippocrate “Fai che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo” è diventata di estrema attualità.


GAIA COTTINO
American University of Rome

Pensare il cibo. Prospettive antropologiche allo studio dell'alimentazione

A partire dai primi decenni del XX secolo lo studio del cibo ha assunto una crescente centralità nella disciplina antropologica. Diverse scuole di pensiero si sono alternate nell'analisi delle pratiche alimentari vicine e lontane, talora alla ricerca di modelli universali a discapito di quelli particolari, talora anteponendo la dimensione materialista a quella simbolica. Nell'incontro di queste prospettive e nell'avvicendamento verso la contemporaneità è così emerso come il cibo, il sapore e le conoscenze immateriali legate ad esso siano un costrutto culturale:  è pertanto da considerarsi buono da mangiare solo ciò che è socialmente buono da pensare. Gusto e disgusto sono socialmente e culturalmente costruiti e il cibo è strumento di comunicazione circa la propria posizione sociale. Poiché, inoltre, il cibo è espressione di una stratificazione di incontri, ibridazioni e invenzioni di tradizioni, il consumo è da considerarsi come una mappa delle relazioni, orizzontali e verticali. Il presente intervento, passando in rassegna queste diverse prospettive antropologiche, farà luce sugli studi più recenti delle pratiche alimentari contemporanee.


DANIELA FARGIONE
Università di Torino

Il cibo nella letteratura anglo-americana contemporanea: una prospettiva ecocritica

Anche nell’ambito delle environmental humanities il cibo è diventato locus ideale di dibattiti critici, spesso intrecciati a questioni di etnia, classe, età, genere e specie. Sempre più consapevoli della crescente crisi ambientale e dell’abrogazione di diritti (umani e non umani) legati alla produzione, distribuzione e consumo del cibo, molti scrittori e artisti si sono dedicati in questi ultimi anni alla diffusione di opere che denunciassero pratiche e politiche alimentari insostenibili. La letteratura anglo-americana contemporanea rappresenta un bacino particolarmente vario e fecondo. Da un rapido studio, inoltre, ci si accorge come siano soprattutto le donne a farsi portavoce di tale denuncia attraverso la promozione di un attivismo globale e una militanza etica. In questo intervento si proporrà il contributo di scrittrici quali Margaret Atwood, Ruth Ozeki, Monique Truong e Barbara Kingsolver.


GIANPAOLO FASSINO (Università degli Studi di Scienze Gastronomiche) e DAVIDE PORPORATO (Università del Piemonte Orientale)

Operai, fabbriche e cibo: storie di gastronomie precarie

Oggi, nell’ambito del diffuso interesse per il cibo e la gastronomia, grande attenzione viene prestata ai “cibi della tradizione”, un concetto talvolta ambiguo, spesso riferito al “mondo contadino”, immaginato come depositario di saperi gastronomici autentici e genuini. Quest’attenzione a un mondo rurale, rievocato in maniera sovente idilliaca, ha fatto troppo in fretta dimenticare la gastronomia “operaia”, la pratica alimentare di centinaia di migliaia di lavoratori della fabbrica che nel corso del Novecento hanno consumato il pranzo durante il turno di lavoro nel barachin, la gavetta. Il contenitore del pasto era così importante al punto di diventare un elemento costitutivo dell’identità operaia: “lavora da barachin”, “è un barachin di Agnelli” furono espressioni abituali che negli anni del boom dell’industria piemontese e torinese designavano l’operaio stesso, soprattutto quanti lavoravano negli stabilimenti Fiat. Ricordare la pratica gastronomica del barachin è quindi l’occasione non solo per rievocare l’epopea operaia del “secolo breve”, ma anche il pretesto per ricordare il sapere complesso delle madri e delle mogli, deputate alla sua preparazione. Analoga importanza, insieme al cibo, aveva il consumo del vino durante la pausa per il pasto, anch’esso parte costitutiva e irrinunciabile della pratica gastronomica dei lavoratori: gli operai, insieme alle tradizioni gastronomiche delle proprie regioni d’origine, portavano con sé nella fabbrica i vini del proprio territorio di nascita, ed essi diventavano elemento di condivisione e di conoscenza reciproca. Se lo cose stanno così, ecco che conoscere la storia del barachin permette di conoscere non solo un pezzo importante della cultura gastronomica novecentesca, ma soprattutto di comprendere come sia cambiato il lavoro, come sia mutata la società e di come, nell’arco di pochi decenni, si sia trasformata l’Italia.

LUISA RICALDONE
Società Italiana delle Letterate

Il cibo raccontato dalle donne: percorsi narrativi in Italia tra Novecento e Duemila

Dalle ricette letterarie classiche a quelle da cui si dipanano storie di donne, di genealogie, di famiglie; dalla cucina desiderio alla cucina relazionale; dal cibo come indicatore di un’epoca e di un ceto sociale alla sua funzione di attivatore di nostalgia e di memoria; dal cibo parola alla fame: innumerevoli sono i paesaggi alimentari che la letteratura italiana tra Novecento e Duemila ha disegnato. Ad essi accennerò brevemente nella parte introduttiva della mia relazione.
Nella seconda parte, partendo dal presupposto che il nutrimento è stato (e in parte ancora è) cosa che riguarda le donne, verificherò come il cibo, nelle sue varie funzioni e rappresentazioni all’interno del testo letterario, è stato raccontato da scrittrici e poete.


SIMONA STANO
Università degli Studi di Torino - International Semiotics Institute (ISI, KTU) 

Il cibo dei semiotici: la dieta mediterranea tra natura, cultura e comunicazione 

Insieme all’abbigliamento, ai manufatti urbani e ad altri aspetti della vita quotidiana, il cibo rappresenta non solo uno dei bisogni primari dell’umanità, ma un vero e proprio sistema di comunicazione (Barthes 1961) e di espressione dell’identità socioculturale (Lévi-Strauss 1965; Montanari 2004; Stano 2015). Come ogni altra forma di cultura materiale, l’alimentazione presenta indubbiamente una dimensione “materiale”, che la ancora a determinati limiti di natura biologica e fisica (Harris 1975); d’altra parte, essa è intrinsecamente legata a dinamiche di ordine sociale e culturale, che ne definiscono sistemi, usi e costumi. È su questo punto che si innesta la riflessione semiotica in ambito alimentare; una riflessione che, muovendosi tra linguaggi del cibo e linguaggi sul cibo (Marrone 2014), si propone di descrivere testi, discorsi e pratiche inerenti all’universo culinario e gastronomico per descriverne grammatiche e sintassi, isotopie dominanti ed effetti di senso. Inserendosi in tale orizzonte, l’intervento si concentrerà su un caso di studio particolarmente significativo: la cosiddetta “dieta mediterranea”.

Italiano