Home

Versione stampabileSend by emailPDF version

Il progetto di ricerca Transnational Appetites: Migrant Women’s Art and Writing on Food and the Environment prende avvio dalla considerazione che il cibo, in virtù della sua polisemia, partecipa a sistemi complessi e circola in molteplici forme culturali: da ricettari tradizionali a blog e show televisivi, da documentari a installazioni di bioart, da esperimenti di gastronomia molecolare a rivoluzioni verdi di “contro-cucina”, fino all’evento dell’anno: Expo 2015. Tuttavia, questa proliferazione di discorsi sul cibo ha anche rivelato una serie di paradossi: fame, obesità e malnutrizione, malattie genetiche autoimmuni, declino della biodiversità, crudeltà sugli animali, ecc., concludendo che l’intera industria del cibo concorre alla contemporanea crisi ecologica con tutti i suoi corollari. Il progetto intende esplorare le interconnessioni tra cibo e ambiente naturale e la loro rappresentazione artistica in contesti transnazionali. Letteratura e arte, infatti, possono facilitare una presa di coscienza, favorire alleanze globali e stimolare un attivismo ecologico che spesso vede protagoniste le donne. Il loro impegno si riflette nella costruzione di una consapevolezza ecologica attraverso la riconfigurazione di “panorami di cibo” (foodscapes) sostenibili. Le molteplici traduzioni pratiche del “pensare globale, mangiare locale”, per esempio, offrono una congiuntura ideale tra eco-localismo, dislocamento (diaspore, esili forzati, migrazioni volontarie, ecc.) e cultura transnazionale. Ne risulta che l’intera industria del cibo (sfruttamento della manodopera straniera inclusa) può fornire una lente adeguata per studiare ingiustizie razziali, ambientali e di genere e, al contempo, favorire un sentimento di partecipazione e responsabilità quali veicoli di eco-tra(n)s-formazione. Il cibo, com’è prevedibile, ha un ruolo cruciale nelle storie raccontate da molte donne, essendo un legame diretto tra il corpo e l’ambiente naturale, oltre che con/testo discorsivo esso stesso.

Il progetto ha una durata biennale. La prima fase è stata dedicata esclusivamente alla ricerca: con il supporto degli e delle studenti del laboratorio “(Pro)fughe ambientali, cibo e arte”, è stato raccolto il materiale relativo a quattro paesi europei, prescelti per la tradizione gastronomica, oppure per la vocazione ecologica o, ancora, per essere (o essere stati) luoghi di elezione in vari processi migratori: l’Italia, la Germania, la Francia e la Gran Bretagna. Il gruppo di studio si è concentrato quasi esclusivamente sulla raccolta e catalogazione delle opere visive (fotografie e/o video) e di scrittura creativa di artiste migranti le quali, attraverso la cifra del cibo, abbiano riflettuto non solo sui concetti di identità, formazione/appartenenza culturale o memoria, ma anche su preoccupazioni ambientali, per esempio la biodiversità. I dati sono ancora al vaglio, ma da una prima lettura si possono già dedurre alcune costanti e, soprattutto, alcune mancanze sorprendenti: per esempio alcuni gruppi etnici sono sotto-rappresentati, altri del tutto assenti. I risultati di questa ricerca saranno presto diffusi sia in forma di articoli accademici, sia attraverso la costruzione di una piattaforma digitale interattiva che possa fungere da archivio inedito volto al recupero, alla valorizzazione e fruizione di un patrimonio artistico spesso sommerso.

Parte del progetto sono il Festival culturale Alla tavola delle migranti, il convegno Il cibo degli umanisti, cui seguiranno altri convegni e pubblicazioni.

 

Italiano